Home » news-e-recensioni » curiosita » Il perfetto riso da risotto? È il Carnaroli ed è di Milano

Non c’è chef che non lo usi, foodblogger che non ne parli, tanto che molti risicoltori hanno spostato parte delle proprie produzioni verso il re dei risotti. Nel 2016 le coltivazioni di Carnaroli hanno superato i 20 mila ettari, un record nella storia del riso italiano.

Ma quanto di questo riso è effettivamente Carnaroli? I dati di Ente Risi sulle superfici coltivate a riso parlano chiaro: meno della metà è vero Carnaroli, la restante parte è composta da risi diversi che rientrano nello stesso gruppo di denominazione varietale, venduti poi sul mercato come Carnaroli.

risottoAttenzione, non si tratta di un imbroglio: la Legge 325/58 lo consente, aggiornando annualmente le varietà che rientrano in denominazione tramite un Decreto ministeriale sulla denominazione delle varietà di risone. Il Carnaroli, infatti, non è soltanto una varietà di riso, ma una denominazione varietale che dà il nome ad altre 7 varietà: Karnak, Caravaggio, Keope, Carnise, Poseidone, Carnise precoce, Carnaval. Un quarto della produzione di Carnaroli è data da Karnak, la restante parte dalla somma delle altre varietà. Questo dipende dal fatto che Carnaroli è una varietà vecchiotta, costituita nel 1945 a Paullo, in provincia di Milano, grazie a Ettore De Vecchi, dall’incrocio tra Vialone e Lencino. Le nuove varietà sono più produttive e più semplici da trattare in campo, per questo molti agricoltori le preferiscono alla varietà originale. Questi risi sono simili al Carnaroli, tuttavia in cottura possono dare risultati diversi.

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Come riconoscere il vero riso Carnaroli

Tutti lo vogliono! Ma come si fa a capire se è vero Carnaroli?

Il riso Carnaroli è un riso superfino con un chicco grande di forma ovale e con perla centrale estesa. La perla è la parte opalescente che aiuta l’assorbimento dei sapori e dei condimenti in cottura, grazie alla sua superficie porosa. Oltre alla dimensione, il Carnaroli si presta alla preparazione di risotti per l’alto contenuto di amilosio, quella parte di amido che rende il chicco consistente e ben resistente in cottura. Inoltre, l’amido che viene rilasciato durante la preparazione del risotto, aiuta la fase di mantecatura senza aggiungere troppi grassi. Insomma, un riso che sembra nato per i grandi risotti della tradizione e che, nonostante sia un po’ datato, continua a riscuotere grande successo tra gli chef e i consumatori.

 

Carnaroli

Come facciamo a capire se si tratta di vero Carnaroli o di una varietà simile? Riconoscerlo ad occhio è praticamente impossibile. Ma ci sono degli strumenti come quelli che vi illustrerò qua di seguito.

 

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Gli strumenti per riconoscerlo

1- Analisi del DNA: condotta dal Parco Tecnologico Padano di Lodi, serve a verificare l’autenticità della varietà di riso. È già stata adottata da alcuni produttori di riso, come quelli del Distretto Riso e Rane di Milano e ha questo logo:

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2- Analisi sensoriale applicata al riso: Acquaverderiso è la prima società italiana che forma veri e propri sommelier del riso per valutare le caratteristiche delle varietà a livello visivo, olfattivo e gustativo.

3- DOP e le IGP: sono una garanzia di tracciabilità perché oltre a circoscrivere un territorio di coltivazione, garantiscono l’autenticità della varietà coltivata a partire dalla semente.

4- L’aspetto. E poi, cosa c’è di meglio che scendere in campo insieme al produttore: visitare le risaie, toccare con mano il riso che finirà nel nostro piatto. Il riso Carnaroli lo si riconosce da lontano: ha una taglia più alta rispetto agli altri risi, arriva tra 1,30 m e 1,50 m di altezza. Poi ha l’arista, una specie di baffo che spunta dalla pannocchia e ha un colore tendente al rosa carne, da cui si dice derivi il nome “Carnaroli”.

Insomma, se dovessi descrivere il Carnaroli in campo direi che è alto, baffuto e di bella carnagione!

 

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