Nato in Svizzera, da genitori trentini e trapiantato a Bergamo. Non è il Giro del Mondo in pochi caratteri, ma semplicemente la biografia di Daniel Facen, chef Stella Michelin del ristorante A’Anteprima di Chiuduno – in provincia di Bergamo.
Una presentazione necessaria che ci anticipa la poliedricità e l’eclettismo di uno degli Chef tra i più singolari ed esperti del settore, definito da alcuni come “l’ultimo dei molecolari italiani”. L’ultimo e probabilmente quello che sino in fondo ha dimostrato di saper superare mode e tendenze, ricercando in questo stile di cucina il proprio, approfondendolo con tenacia e insaziabile desiderio di conoscere e sperimentare.
“Sperimentare”. Mai espressione fu più appropriata per Daniel Facen che, sul finire degli anni novanta, sente l’esigenza di arricchire la propria formazione classica tra le pagine de “Il Cibo e la Cucina – la Scienza degli Alimenti” di Harold Mcgee, iniziando a soddisfare curiosità e a ottenere tutte quelle risposte alle domande che si era posto per tutta una vita. Poiché per Facen tutto ruota intorno alla conoscenza: la sua e quella degli altri. Non è casuale che il suo ristorante non si limiti alla classica esperienza del pasto, ma coinvolga i commensali attraverso ambienti, proiezioni e racconti. Un percorso che merita di essere vissuto con maturità e apertura alla scoperta di un piacere ricercato in cui la chimica è messa al servizio del gusto.
Un gusto difeso con profonda tenacia da un uomo che – grazie a studio, impegno e visione – sceglie di affidarsi alla chimica degli alimenti per poterli trattare nel migliore dei modi ed esaltarli al massimo senza snaturarli, dimostrando che il principio per cui “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” valga più che mai al servizio della cucina.
Ripassate dunque le teorie di De Lavoisier e rispolverato il Manifesto della Cucina Molecolare Italiana di Ettore Bocchia e Davide Cassi, scelgo di recarmi a Chiuduno, in quella zona della bergamasca dedicata alla coltivazione della vite e che si distende dolcemente verso la Franciacorta, raggiungendo questo “piccolo chimico” dell’Alta Cucina nel suo ristorante-laboratorio che – in un alternarsi continuo di sonicatori e padelle, vaporizzatori e mestoli – mi accoglie, aprendomi il suo mondo dal fascino fatato.
D: «Perché A’Anteprima?»
R: «Perché la nostra idea iniziale era quella di creare un modello che poi diventasse un franchising. Quindi, l’anteprima di un nuovo modo di interpretare il gusto. Solo in corso d’opera ci siamo resi conto quanto fosse giusto mantenere l’unicità e la peculiarità dell’idea, destinando a Chiuduno l’esclusività del concetto. Va da sé, comunque, che pensiamo che il nostro ristorante abbia avuto il coraggio di proporre un’idea originale, in cui si è messi a confronto con un’effettiva anteprima gustativa, esperienziale e concettuale: anteprima della scoperta, della scienza dei piatti, della chimica…».
D: «A proposito: cos’è la chimica? »
R: «La chimica è natura e conoscenza; da un lato, non vi è un processo in natura che non coinvolga un’azione chimica; dall’altro, amo interrogarmi di fronte a fatti o cose, e non vi è risposta che la chimica non riesca a soddisfare».
D: «Domanda apparentemente banale ma che non può non essere posta a Daniel Facen: tre aggettivi per definire la tua cucina»
R: «Innanzitutto felice: non pretendo di risolvere i problemi del mondo, ma ciò che auspico è che chi si siede al mio tavolo abbia l’opportunità d trascorrere un paio d’ore in maniera spensierata e appagata. Una cucina del ricordo, poiché nei miei piatti c’è una storia e il mio obiettivo è quello di suscitare piacevoli reminiscenze nel commensale, riportandolo a un gusto originario e stuzzicando in lui memorie temporaneamente assopite; e del ricordo che tu Cuoco lascerai indelebile nella mente di chi ha vissuto l’esperienza nel tuo ristorante. Un concetto che si riallaccia alla terza definizione, ovvero una Cucina rispettosa, che coinvolge in primo luogo al rispetto della materia prima».
D: «E tu, come ti definisci?».
R: «Io sono un Cuoco! Ed è sempre quello che ho sognato di fare».
D: «Perché, nel 2018, sono ancora pochi i ristoranti coraggiosi a tal punto da eliminare la Carta a favore della sola degustazione?»
R: «Fondamentalmente credo per un’esigenza o un’abitudine del cliente. Qui da noi non avrebbe senso ordinare alla Carta (che tra l’altro, abbiamo rimosso da tempo), poiché verrebbe meno l’esperienza gustativa. Ovvio, se mi viene chiesto un piatto in particolare, io lo preparo. Ma penso anche che chi sceglie di sedersi a uno dei miei quattro tavoli lo faccia consapevolmente e con il desiderio di affidarsi. Dunque, il modello del mio ristorante agevola questo tipo di approccio; se avessi trenta tavoli, questo ragionamento non avrebbe senso e sarebbe indispensabile offrire la possibilità di scegliere alla Carta. Diciamo che tutto dipende dal taglio che vuoi dare e dal progetto che scegli di portare avanti».
D: «Da dove trai l’ispirazione? »
R: «Da tutto ciò che mi circonda: sia esso un quadro, un film, un ambiente, un profumo, un’emozione… come un flash che ti colpisce e poi tu hai lo stimolo e il compito di rielaborare».
D: «Che approccio hai con l’arte?»
R: «Fanciullesco! Prendiamo come esempio il quadro “I Girasoli” di Vincent Van Ghog: cosa vedrà un adulto se non i girasoli stessi? Un bambino sarà invece portato ad andare oltre e a completare l’opera sia attraverso l’osservazione che l’immaginazione. Ecco… io mi ritrovo a fare sempre questo, sia di fronte a un’opera che con un piatto. Cerco sempre di guardare oltre!».
D: «Ma brasato e polenta, lo hai mai cucinato? E soprattutto, lo mangi?».
R: «Fischia se mi piace! (RIDE) E ovviamente, viste le zone da cui provengo, lo preparo a regola d’arte!»
Sgrana gli occhi lo Chef Facen quando, a intervista conclusa, gli chiedo di pensare a una ricetta per i nostri lettori. Una ricetta che per una volta non contempli l’utilizzo di microscopi, ultrasuoni e provette, ma che si limiti all’impiego di semplici padelle. E così, in pochi minuti l’idea che garantisce continuità con uno stile di cucina che ha come elemento centrale della propria filosofia quello di valorizzare al massimo il prodotto e la materia prima. Che si sintetizza in una ricetta di puro gusto e piacere.
RISOTTO, PESCE, CROSTACEI E ANEMONI DI MARE
porzioni: 4; difficoltà: media; tempo totale di preparazione: 30 minuti
INGREDIENTI
240 g riso carnaroli
brodo vegetale
Stimmi di zafferano q.b.
olio EVO
600 g di anemoni di mare
4 scampi
4 gamberi
2 filetti di triglia
1 filetto di rombo
8 vongole
8 cozze
PREPARAZIONE
1 – Per prima cosa, preparate la salsa di anemoni di mare, cuocendoli per circa 5 minuti con un filo d’olio e 50 g di brodo. Togliete dal fuoco, frullate e passate al setaccio.
2 – Cuocete il riso in un tegame, senza soffritto e irrorando mano a mano col brodo in cui avrete sciolto qualche pistillo di zafferano.
3 – Nel frattempo, aprite separatamente in padella cozze e vongole, avendo cura di toglierle dal fuoco non appena si apriranno. Sgusciatele.
4 – Pulite i crostacei eliminando carapaci e intestino e ungete con un filo d’olio.
5 – Ricavare 4 pezzi di triglia e 4 di rombo e scottateli separatamente in padella con un filo d’olio.
6 – Mantecate il riso con olio EVO e impiattate aiutandovi con un coppapasta. Appoggiatevi sopra pesci e crostacei, lasciando che la cottura completi a contatto col calore del riso.
Stefania Buscaglia
mangiaredadio.it
Photo credits © Lucio Elio