Home » news-e-recensioni » Davide Caranchini: Intervista allo Chef del Ristorante Materia di Cernobbio

È considerato tra gli chef under 30 più interessanti e originali del panorama italiano. A testimoniarlo, i numerosi riconoscimenti che lo hanno consacrato come fenomeno gastronomico; qualche esempio? Nel 2018 La Guida de l’Espresso lo proclama “Giovane dell’Anno” e – nello stesso periodo – la rivista Forbes (tra le più autorevoli in materia di economia e finanza) lo menziona tra i “30 under 30” più talentuosi e influenti d’Europa. Tre Cappelli per L’Espresso e Due Forchette Gambero Rosso. E qualcosa ci dice che siamo solo all’inizio

Davide Caranchini

Classe 1990 e comasco d’origine, Davide Caranchini comprende sin da subito la passione e il richiamo irrefrenabile per la cucina. Lo percepisce sin da bambino, quando – anche cucinando una semplice pasta o frittata – sente crescere dentro di sé impeto ed eccitazione. Così il percorso è chiaro e naturale: prima l’alberghiero poi i primi passi in cucina. E che Cucine! Da giovanissimo entra al Maze di Gordon Ramsey per poi arrivare – sempre a Londra al pluriblasonato Le Gavroche. Poi, la pasticceria da Heinz Beck, l’approfondimento delle tecniche orientali al Galving at Windows, per approdare infine nel Tempio della ristorazione nordica, ovvero, il Noma di Copenhagen.

Un’esperienza completa, quella di Caranchini, che sembra voler chiudere un cerchio, proiettandolo alle proprie origini e alle tradizioni di famiglia, quelle che lo riportano alla Terra, alle erbe spontanee e alle tecniche di conservazione e fermentazione tipiche delle zone dei Fiordi, esattamente come delle sue valli native, apprese da bambino a fianco della nonna.

Davide Caranchini

Un ritorno che, coerentemente lo restituisce nel 2016 nella sua provincia – a Cernobbio – con l’apertura di Materia, ristorante definito da molti speciale e avanguardistico; un luogo minimal ed essenziale, dai colori caldi e in perfetto stile nordico che Davide Caranchini dirige al fianco di una squadra giovane affiatata che risponde all’appello con lo stesso cognome: Sberna. In Sala la compagna Ambra affiancata dal fratello Marco e dal cugino Luca, completano così un esperienza di grande sostanza destinata a ritagliarsi uno spazio sempre più peculiare nell’Universo della ristorazione italiana.

Davide Caranchini

Una realtà e uno Chef che passo a visitare in un piovoso weekend di metà novembre.

Davide Caranchini

D: «Materia. Perché?»
R: «Materia è la sintesi del nostro pensiero di ristorazione. Non credo sia casuale che questo nome sia nato ben prima dell’apertura del ristorante: Materia conferma il nostro desiderio di allinearci a un concetto di concretezza e tornare all’essenza delle cose. Materia – da non confondersi con “materia prima” – è davvero questo ristorante! Guardati intorno: al di là del piatto, qui tutto è Materia. Materia nell’ambiente; Materia nel servizio. Abbiamo cercato di rispettare la nostra idea e replicarla in ogni elemento. Credo che la coerenza sia l’aspetto più importante quando sviluppi un pensiero. Non ti nascondo che uno dei nostri sogni, al momento, sarebbe quello di allargarci: ma anche se andassimo altrove, sono certo, Materia rimarrebbe lo stesso: perché il nostro ideale è perfettamente chiaro e definito. Un ideale che – probabilmente – non sarà compreso o condiviso da tutti, ma quale cucina lo è? Così, quando abbiamo aperto, nel 2016, ci siamo detti: “facciamo quello che ci piace, senza tradire il nostro “credo”, e facciamolo bene! Così è stato: il bilancio, da due anni a questa parte, è più che positivo: il locale è sempre pieno e – cosa più importante – la gente torna. Poi, ovviamente, i riconoscimenti, che non possono che aggiungere piacere a una situazione più che positiva».

Davide Caranchini

D: «Una cucina spinta dai sapori idiosincratici. Un ambiente pulito, libero da sovrastrutture. Una carta accessibile e coerente con l’epoca in cui si inserisce. Un servizio snello e non polveroso. Sicuri di sentirvi a vostro agio, nella ristorazione italiana?».
R: «Sai che invece, secondo me, siamo perfettamente inseriti nel contesto attuale?! Facci caso: tutti i giovani della mia generazione stanno proponendo un modello simile al mio, nato dalle esperienze maturate all’estero ma poi tradotte nel proprio luogo di origine. Un modello che – spogliato da opulenze e sovrastrutture – torna alle origini e alla genuinità del nostro passato. Quando qualcuno, assaggiando la mia cucina, esclama: “si vede che hai lavorato al Noma!”, probabilmente non coglie l’aspetto fondamentale del mio lavoro: sì, è vero, l’esperienza di Copenhagen è stata illuminante e fondamentale, ma la tecnica della fermentazione, l’utilizzo del fieno in cucina, l’abitudine di conservare gli alimenti che si raccoglievano d’estate per l’inverno e la capacità di trarre il meglio dalla Terra e dal prodotto, sono tutte esperienze legate alle mie Valli e al mio vissuto, contaminate in seguito da tecniche o elementi più “esotici”, poiché acquisiti nel corso del mio percorso formativo».

Davide Caranchini

D: «Qualcuno un tempo disse che “l’arte rende tangibile la Materia di cui sono fatti i sogni”. Che rapporto hai con l’arte?»
R: «Non sono un esperto conoscitore, ma amo l’arte, principalmente quella contemporanea con particolare riferimento alla Street Art di Bansky a cui ho dedicato un dessert, presente in Carta dai tempi dell’apertura di Materia. Adoro la sua arte sovversiva, capace di provocare, senza mai perdere di vista né la qualità dell’Opera, né l’attenzione alla Società che ci circonda. Alla fine, è un po’ quello che cerco di fare io con un piatto: da un lato, la ricerca del gusto; dall’altra il desiderio di svolgere la nostra opera nella maniera più etica possibile, rispettando la stagionalità della materia e approfondendo la scoperta e la lavorazione di ingredienti spesso trascurati e ingiustamente scartanti nella cucina più tradizionale, varcando soglie non ancora esplorate. L’avanguardia è poi questo, esattamente come nell’arte!».

Davide Caranchini

D: «A proposito di Arte, la rivista Forbes ti ha inserito tra i 30 giovani europei più influenti per la categoria Arte e Cultura. Ora, sei a tutti i diritti un influencer!»
R: «Essere selezionati da Forbes è stato bellissimo e inaspettato! Penso che il tutto sia nato da una visita di una giornalista del New York Times che lo scorso ottobre, passando nella zona di Como, si era accomodata al mio tavolo: aveva ordinato il Green Power – il mio menù vegetariano – per poi raccontare su carta del suo stupore nell’incrociare una cucina come la mia che, in uno scenario dominato da tradizione e opulenza, tendeva a rivoluzionare e a rimischiare le carte in tavola. L’articolo e il successivo riconoscimento di Forbes si sono ovviamente tradotti in centinaia di prenotazioni da parte di americani che – ovviamente – ci hanno inorgoglito non poco. Per quanto riguarda l’influencer, non credo proprio di esserlo! (RIDE) Sono semplicemente un ragazzo che ha il privilegio di fare un lavoro che ama. Se poi il mio esempio può servire di stimolo ad altri, non può che farmi piacere. Ovvio che quando ricevi un riconoscimento, ti senti onorato. Ma credimi… le pressioni che ti senti addosso e il desiderio di mantenere alte le aspettative, sono davvero pesanti».

Davide Caranchini

D: «Non si sa molto di te. Oltre cucinare, cosa ti piace fare o ti riesce particolarmente bene?»
R: «La musica. Sono strano però: amo tutto ciò che è agli antipodi. Innanzitutto adoro ascoltarla; in passato sono stato anche producer e ho suonato musica elettronica e Underground; però, come puoi vedere dall’inchiostro sulle braccia, l’amore per l’hard rock e il metal, non me lo toglie nessuno!».

Davide Caranchini

D: «Tu hai 28 anni; i tuoi soci – Ambra, Marco e Luca – sono anch’essi under 30. Che valore ha un progetto tanto fresco?».
R: «È molto importante: innanzitutto l’energia è differente. In secondo luogo, non hai paura dei rischi! Talvolta l’incoscienza ti porta a fare grandi cose e a sperimentare incessantemente».

Davide Caranchini

D: «A proposito di Team: Caranchini 1; Sberna 3. Un pensiero per Ambra, uno per Marco e uno per Luca».
R: «Ambra è tutto ciò che vedi! Se non ci fosse stata lei, Materia non esisterebbe e Caranchini non sarebbe lo stesso di oggi. Lei mi ha sempre supportato (e sopportato) in ogni mia scelta seguendomi, assecondandomi e stimolandoli. E poi, detto fuori dai denti, Ambra ha “due palle” così: Energia pura! Marco è il più introverso e il più adulto tra noi. È un perno fondamentale nel progetto poiché, oltre a seguire la Sala, è l’anima dell’Orto, elemento centrale del nostro ristorante: io scelgo le piante, ma è lui che se ne prende cura quotidianamente. Infine Luca, che certamente, è il più sorprendente del gruppo, in quanto venendo da una formazione completamente differente, ha scelto in piena maturità di seguire la sua passione: il vino. Oggi la sua conoscenza e la preparazione in materia sono di livelli altissimi. Materia siamo noi quattro; non potrebbe esistere se venisse a mancare uno di noi».

Davide Caranchini

Il nostro incontro, come giusto che sia, si conclude nel regno di Davide Caranchini – la cucina. Regno in cui, lo chef acconsente a regalarci una delle sue ricette: una ricetta che racconta del suo Mondo e della sua Arte. Quel “l’arte che rende tangibile la Materia di cui sono fatti i sogni”.

Davide Caranchini

Penne mirtillo e aglio nero, Parmigiano e dragoncello messicano

Porzioni: 4; difficoltà: media; tempo totale di preparazione: 1 ora

Davide Caranchini

Ingredienti

320g Penne pastificio Felicetti
200g Mirtilli freschi lavati
60g Aglio nero, sbucciato e passato al setaccio
50g Parmigiano Reggiano 36 mesi
20g Latte intero
40 foglie c.ca di dragoncello messicano (Tagetes Lucida)

Preparazione

1 – Realizzate una fonduta con latte e parmigiano, mantenendo caldo per il servizio.
2 – Passate i mirtilli all’estrattore e trasferite il succo all’interno di una padella capiente, in cui verrà ultimata la cottura della pasta.
3 – Cuocete la pasta per 2/3 del suo tempo in abbondante acqua bollente salata; scolatela e terminate la cottura in padella con il succo di mirtilli. Una volta cotta, la pasta avrà assorbito il succo di mirtilli.
4 – Mantecate con polpa di aglio nero.
5 – Impiattate e rifinite con qualche goccia di fonduta e circa 10 foglie di dragoncello per ciascun piatto.

 

 

Stefania Buscaglia
mangiaredadio.it
Photo credits © Lucio Elio; Lido Vannucchi

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