Non tutti gli Chef hanno la fortuna e l’opportunità di prendere parte alla genesi di un ristorante, plasmandone forma e luce sulla base di una personale idea e dei propri ideali.
Luigi Taglienti sì, l’ha fatto! Ed è proprio così che nel 2016 ha visto la luce (inevitabile il gioco di parole) il Lume, ristorante di Milano ubicato in quello che fu lo stabilimento Richard Ginori e che, attraverso elementi architettonici di grande raffinatezza e bellezza, si propone come il luogo perfetto per ospitare uno Chef di altrettanta raffinatezza e bellezza.
Non ce ne voglia Luigi Taglienti se l’occhio cade inevitabilmente anche sull’”involucro” di quello che, oltre a essere ritenuto uno degli Chef più talentuosi e degni di nota dell’Alta ristorazione italiana, appare bello come un semidio, dal fascino riservato, serio e rigoroso.
Classe 1979 e savonese di origini, Luigi Taglienti si forma in alcune grandi Cucine, soprattutto tra nord Italia e la confinante Francia. Un percorso vario e stimolante che lo conducono a Milano, città che lo accoglie e consacra con la stella Michelin, già ai tempi dell’esperienza al Trussardi alla Scala. Poi l’opportunità – quella del Lume – un ristorante moderno in cui custodire la memoria e la tradizione italiana. Progetto che convince sin da subito, conquistando la prestigiosa Stella Michelin oltre ad altri riconoscimenti tra cui – il più altisonante – quello come “Miglior Nuovo ristorante d’Europa” – per la classifica internazionale del OAD-Opinionated About Dining.
Così, desiderosa di incontrare un simile talento, scelgo di raggiungere Taglienti nelle sue cucine e farmi raccontare di lui. In modo che Taglienti racconti davvero Taglienti…
D: «La vita ti ha dato tutto: sei bello, talentuoso e di successo. Come si vive una vita al massimo?»
R: « Che sono bello, lo dici tu! (RIDE). Scherzi a parte, con grande umiltà! E rimanendo concentrati sul proprio lavoro. Del resto, sono una persona semplice, ti basti pensare che il (pochissimo) tempo che ho libero, amo trascorrerlo con la mia compagna a casa e andando in bici, passione neonata e appena scoperta, avendo così l’opportunità di immergermi corpo e mente nella natura e in una dimensione completamente differente a quella che vivo quotidianamente. ».
D: «Se non avessi fatto lo chef, cosa saresti stato nella vita?»
R: «Nulla! Anzi, se non fosse esistito questo mestiere, probabilmente lo avrei inventato! Credo di essere nato per stare in cucina. Ho sempre trafficato in questo settore: i miei genitori avevano uno stabilimento balneare, quindi le opportunità sono nate in maniera abbastanza naturale e in modo altrettanto naturale riuscivo in ciò che facevo. Non mi è mai pesato lavorare; piuttosto, non amavo molto studiare, quindi ho capito subito quale fosse il mio destino, tanto che ho iniziato presto, avevo solo tredici anni».
D: «Qualche rimpianto? ».
R: «Fondamentalmente nessuno! Probabilmente mi sarebbe piaciuto trascorrere un’esperienza formativa più lunga in Francia ma considerando la fortuna che ho avuto di iniziare da giovanissimo e anticipare le tappe, tornassi indietro, lascerei tutto così».
D: «Milano è…»
R: «Milano è energia! Oggi è anche casa mia e amo viverla in maniera armoniosa e serena. Appena arrivai, avevo pochissimo tempo per girarla e conoscerla; però lavoravo in centro quindi, a cavallo di una vecchia Bianchi del 1961 – un gioiello che avevo acquistato a suo tempo perché suscitava in me bellissimi ricordi dei tempi trascorsi con mio nonno – mi avventuravo per le vie di Milano, andavo a fare la spesa e approfittavo degli spostamenti per godermi la città. Oggi che mi trovo al Lume, non vengo più al lavoro in bici, ma sono riuscito a ritagliarmi un po’ più di tempo per vivere la mia città in armonia».
D: «Hai una debolezza?».
R: «Chi non le ha?! (SORRIDE) Probabilmente, fuori dal mio habitat, sono un po’ insicuro e questo è certamente dovuto a una forte riservatezza che fa parte del mio carattere».
D: «C’è qualcosa che non tolleri?».
R: «Io credo moltissimo nei valori di onestà e trasparenza. Quindi, quando mi trovo di fronte a persone capaci di ignorare queste virtù, faccio un passo indietro e chiudo il mio mondo»
D: «Il nuovo menù degustazione del Lume “Taglienti racconta Taglienti”, viene presentato attraverso 10 carte e dal punto di vista visivo e percettivo rievocano mostruosamente i classici Tarocchi. A ciascuno dei tuoi piatti, hai scelto di attribuire un concetto. Facciamo così: ora ti faccio pescare tre di queste carte e te le faccio leggere! E vediamo cosa mi racconti…»
Porgo allo Chef le carte, nascondendone il contenuto e lui ne sceglie tre; raccontandole…
R: «ESPRESSIONE DI UN TERRITORIO: per me il Territorio è fondamentale poiché mi riallaccia automaticamente al concetto di “Terra” e al suo legame. Penso al prodotto, alla biodiversità, alla biodinamicità, ai ricordi… elementi che non possono mancare nella mia cucina. Vivere e lavorare a Milano oggi rappresenta una grande opportunità, per il respiro internazionale che ne comporta: Lume nasce infatti da un progetto ideato e realizzato con MB America per indirizzarsi sia al milanese che agli stranieri che abbiano voglia di conoscere e ad approcciarsi a una cucina di grande qualità e tipica del nostro Stivale, che si racconti attraverso un linguaggio moderno e contemporaneo, proiettato nel futuro. Paradossalmente, nell’attuale contesto gastronomico nazionale, oggi l’alternativa è l’Italia».
R: «PUREZZA: Beh… Lume è purezza! Lo capisci dagli ambienti, dalla pulizia dei piatti e dalla trasparenza su cui noi basiamo il nostro approccio e rapporto nei confronti del cliente. Il piatto che abbiamo scelto per sintetizzare questo concetto Acqua, olio, limone e liquirizia è un reset di pura essenza in cui racconto l’Italia, selezionando tre soli elementi in purezza che ci consentono di intraprendere una breve escursione regionale, alla ricerca delle migliori materie disponibili».
R: «EVOLUZIONE: Ovvero, la volontà di dissotterrare ciò che rischiavamo cadesse nell’oblio, a causa delle innumerevoli rivoluzioni attraverso cui siamo passati. Ne è l’esempio lampante il piatto che abbiamo scelto per reincarnare questo concetto: la Torta di Carciofi, una ricetta che ricorda il piacere e il calore di casa, ma che può vivere una sua evoluzione attraverso giochi e provocazioni, come quelle proposte qui da noi che serviamo la “torta” come un vero e proprio dessert. Ed è un piatto di cui io sono letteralmente innamorato»
Terminato questo “gioco”, a Luigi Taglienti non resta che pensare a una ricetta da condividere con noi; e la scelta non può non cadere sul piatto più iconico e rappresentativo della filosofia dello Chef savonese ovvero, la Lasagna alla bolognese, concretizzazione di quel concetto di Avanguardia che – più che mai – si esprime attraverso istinto e ricerca a conferma di un’italianità che merita più che mai di essere guardata sotto una “luce” differente: come quella del Lume.
LASAGNA ALLA BOLOGNESE
porzioni: 4; difficoltà: media; tempo totale di preparazione: 6 ore
INGREDIENTI
700 gr polpa magra di vitello
500 gr polpa di pomodoro passata
300 gr pasta fresca all’uovo allo spinacio – ricetta tradizionale
200 gr besciamella tradizionale
200 gr cipolla bianca tritata
100 gr carote tritate
100 gr sedano verde tritato
100 ml vino rosso
75 gr parmigiano reggiano
50 g zeste di limone
2 chiodi garofano
2 semi cardamomo verde
olio extravergine d’oliva
pepe
sale
PREPARAZIONE
1 – In una casseruola larga e bassa fare rosolare a fuoco vivo la polpa di vitello, continuando a rimestare finché la carne non sia rosolata in modo omogeneo. Aggiungere le verdure tritate, lasciare cuocere per qualche minuto e bagnare con vino rosso.
2 – Quando il vino sarà evaporato, aggiungere la passata di pomodoro e lasciate cucinare lentamente per almeno 4 ore.
3 – Realizzare la besciamella e aggiungetela al ragù, con il parmigiano e le zeste di limone, ottenendo un impasto cremoso.
4 – Rivestire una tortiera rettangolare con le sfoglie di pasta all’uovo e iniziate ad alternare il ragù con le sfoglie, così da riempire lo stampo.
5 – Cuocere in forno statico a 175° per 35 minuti e servire tiepida.
Stefania Buscaglia
mangiaredadio.it
Photo credits © Lucio Elio